Calano i titoli di coda sull’amministrazione di Giorgio Stracuzzi a Giardini Naxos. Il verdetto, arrivato proprio allo scadere dell’anno, mette un punto fermo a una battaglia legale durata quasi tre anni: il primo cittadino, in carica dal 2020, deve lasciare la fascia tricolore. La Prima Sezione Civile della Corte d’Appello di Messina ha infatti respinto il ricorso presentato da Stracuzzi contro l’ordinanza di primo grado che ne aveva dichiarato la decadenza nel dicembre 2023.
La vicenda affonda le radici in una questione di “opportunità” che il legislatore ha trasformato in un rigido paletto normativo. Al centro della contesa ci sono due incarichi professionali che il Comune aveva affidato, prima delle elezioni, al fratello del sindaco, di professione architetto. Un legame di parentela che, secondo i giudici, confligge frontalmente con il Testo Unico degli Enti Locali (Tuel). L’articolo 61 parla chiaro: non può guidare l’amministrazione chi ha parenti entro il secondo grado che operino come appaltatori di lavori o servizi per il medesimo ente.
Il collegio presieduto da Massimo Gullino (a latere Sabatini e Salvo) ha confermato l’impianto accusatorio mosso inizialmente dagli ex consiglieri di minoranza Agatino Bosco e Francesco Palumbo. Nonostante la difesa di Stracuzzi abbia tentato di giocare la carta della distinzione tra “ineleggibilità” e “incompatibilità”, i magistrati messinesi sono stati netti: quella condizione ostativa, presente già al momento del voto, non poteva essere ignorata.
Uno dei passaggi più delicati del processo ha riguardato l’eccezione di legittimità costituzionale sollevata dai legali del sindaco. La difesa sosteneva che la norma regionale siciliana creasse una disparità di trattamento: paradossalmente, un sindaco coinvolto in prima persona in un appalto può rimuovere la causa di incompatibilità, mentre chi subisce l’incompatibilità “di riflesso” per un parente si trova in un vicolo cieco.
Tuttavia, la Corte ha definito la questione «manifestamente infondata». Richiamando la giurisprudenza della Consulta e della Cassazione, i giudici hanno ribadito che la tutela del prestigio e dell’imparzialità delle istituzioni prevale sul diritto del singolo: certi ostacoli all’esercizio del mandato sono «insormontabili», anche se la loro rimozione non dipende direttamente dalla volontà dell’interessato.
Oltre alla perdita della carica, la sentenza porta con sé un pesante conto economico. Stracuzzi è stato condannato a rifondere circa 10 mila euro di spese legali ai consiglieri che hanno promosso il ricorso. È andata male anche a Giuseppe Rodi e all’associazione “Libera Voce Naxiota”, che avevano tentato un intervento in extremis chiedendo addirittura l’annullamento di tutti gli atti della Giunta e il sospetto di “abuso della credulità popolare”. Il loro intervento è stato dichiarato inammissibile per tardività, con una condanna alle spese a favore dello stesso Stracuzzi.
Con questo deposito, si chiude una lunga stagione di incertezza, acuita anche da rallentamenti burocratici e avvicendamenti dei magistrati relatori. Per la “perla dello Ionio”, si apre ora la delicata fase della successione amministrativa.


