La Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Messina ha emesso una sentenza di grande rilevanza in tema di credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno. Con la decisione n. 4617/2024 depositata il 13/09/2024, la Corte ha accolto il ricorso di una società operante nel settore assistenziale per anziani e disabili, annullando un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate relativo ad un recupero di credito d’imposta risalente all’anno 2021.

La sentenza fa giurisprudenza su un punto essenziale: la corretta interpretazione della categoria di beni che possono beneficiare del credito d’imposta per il Mezzogiorno. Nello specifico, la Corte ha stabilito che i beni esclusi dall’Agenzia delle Entrate (comodini con alzatine, armadi-degenza e tavoli con gambe in acciaio) non possono essere considerati semplici arredi, ma attrezzature indispensabili per lo svolgimento dell’attività della società, e come tali ammissibili al credito d’imposta.

Nel motivare la decisione di accoglimento del ricorso e annullamento dell’atto di recupero, la Cgt di Messina ha sottolineato che la società ricorrente ha “correttamente ritenuto che gli investimenti esclusi dall’Ufficio, oltre ad essere tipici cespiti per questa attività, sono beni fondamentali per lo svolgimento dell’attività d’impresa, per cui hanno un ruolo centrale e forniscono utilità alla funzione principale di produzione del reddito d’impresa”. Risultando quindi necessari per la degenza dei pazienti, “non possono essere classificati nella categoria ‘altri beni’, ma devono rientrare nelle attrezzature varie”.

“Questa sentenza – ha dichiarato Salvatore Lo Bue, difensore della società ricorrente e Ceo di Ransomtax – rappresenta un importante traguardo nella corretta applicazione del credito d’imposta per il Mezzogiorno, rispetto allo storico orientamento di carattere opposto assunto dall’amministrazione finanziaria. La decisione della Corte sottolinea l’importanza di un’interpretazione chiara e coerente delle norme, ponendo la giusta enfasi sulla tipologia di “utilità” che i beni strumentali possono fornire all’unità produttiva, riconoscendone quindi, nel caso specifico, l’essenzialità per lo svolgimento dell’attività in favore di anziani e disabili”.

“Tali investimenti – ha aggiunto Lo Bue – erano stati erroneamente esclusi dall’Agenzia delle Entrate in quanto qualificabili nella categoria “altri beni” del bilancio civilistico, secondo un’interpretazione ancorata al dettato normativo di una analoga misura agevolativa. È una vittoria non solo per la società che abbiamo difeso, ma per tutte le imprese i cui investimenti, seppur di carattere strumentale, non vengono considerati contabilmente imputabili alla voce “impianti, attrezzature e macchinari”, bensì alla voce “altri beni” e quindi non ammissibili al credito d’imposta. Un principio su cui abbiamo sempre creduto – ha concluso Salvatore Lo Bue – tutelando i diritti delle aziende per garantire che le opportunità di finanza agevolata siano accessibili a chi ne abbia diritto”.

La sentenza emessa dalla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Messina potrebbe avere un impatto significativo sulle future controversie riguardanti il credito d’imposta per il Mezzogiorno, offrendo un importante precedente a favore delle tante imprese del Sud Italia che, operando in settori come quello socio-assistenziale o alberghiero, hanno già ricevuto o potrebbero ricevere contestazioni di carattere analogo.

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