Reggio Calabria – La Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria ha inflitto la condanna all’ergastolo ad Antonio De Pace, l’infermiere calabrese riconosciuto colpevole dell’omicidio della fidanzata Lorena Quaranta, avvenuto a Furci Siculo nel marzo del 2020. La sentenza, emessa oggi, conferma la gravità del delitto e respinge le richieste della difesa, che aveva invocato l’applicazione di attenuanti generiche.

La vicenda giudiziaria ha avuto un lungo iter processuale. Dopo una prima condanna all’ergastolo inflitta dalla Corte d’appello di Messina, la Cassazione aveva annullato la sentenza, rinviando il processo alla Corte d’appello di Reggio Calabria per una nuova valutazione sull’eventuale riconoscimento di attenuanti generiche. In particolare, la Suprema Corte aveva chiesto di verificare se lo “stress da Covid”, invocato dalla difesa, potesse costituire un elemento mitigante.

I giudici calabresi, tuttavia, hanno escluso questa possibilità, ritenendo che le circostanze del delitto e il comportamento dell’imputato non giustificassero una riduzione della pena. La Corte ha sottolineato la gravità dell’azione criminosa e la premeditazione del gesto.

La sentenza è stata accolta con soddisfazione dai familiari di Lorena Quaranta, che si sono costituiti parte civile nel processo, e da tutte le associazioni che si battono contro la violenza sulle donne. L’ergastolo confermato rappresenta una vittoria per la giustizia e un segnale forte contro ogni forma di violenza di genere.

Nel corso del processo, il sostituto procuratore generale aveva chiesto una condanna a 24 anni di reclusione, riconoscendo l’equivalenza delle attenuanti generiche alle aggravanti. I legali di parte civile, invece, avevano chiesto la conferma dell’ergastolo, sottolineando la crudeltà del delitto e l’assenza di qualsiasi elemento attenuante. La difesa, rappresentata dagli avvocati Bruno Ganino, Salvatore Staiano e Salvatore Silvestro, aveva sollecitato la concessione delle attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante, chiedendo una riduzione della pena a 30 anni di reclusione.

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