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    Home - Economia - Sciopero a Priolo: lavoratori in corteo contro il piano Eni
    Economia

    Sciopero a Priolo: lavoratori in corteo contro il piano Eni

    Andrea Di GeronimoDi Andrea Di GeronimoNovembre 11, 2024Nessun commento
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    Sit-in di protesta al polo petrolchimico (credits: Filctem CGIL)
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    PRIOLO GARGALLO – A Priolo, cuore del polo petrolchimico siciliano, esplode la protesta contro la decisione di Eni-Versalis di smobilitare gli impianti, sviluppatisi a partire dal 1949 nella vasta zona costiera della Sicilia orientale che comprende anche i centri di Augusta e Melilli, estendendosi fino alle porte di Siracusa, secondo una fase di progressiva uscita dell’azienda dalla chimica di base. Una scelta, tuttavia, che non convince lavoratori e sindacati, i quali sostengono infatti che una riorganizzazione simile potrebbe avere ripercussioni negative sul mercato dell’occupazione in un contesto già particolarmente fragile dal punto di vista lavorativo.

    Per questo motivo, CGIL e UIL di Siracusa e Ragusa hanno proclamato una serie di mobilitazioni, tra cui uno sciopero di otto ore indetto per martedì 12 novembre. Il rischio denunciato è duplice. Da un lato, l’impatto occupazionale, con il possibile aggravarsi di un problema in una regione notoriamente svantaggiata. Dall’altro, la chiusura di un distretto industriale che ha avuto un ruolo rilevante nell’economia isolana, sebbene gli effetti sull’ambiente e sulla qualità della vita siano ancora dibattuti. Il corteo si riunirà davanti ai cancelli dello stabilimento aretuseo, per muoversi dalla portineria ovest fino alla sede municipale del comune priolese. Oltre alle suddette sigle sindacali, anche Alleanza Verdi Sinistra e PD hanno aderito all’agitazione per supportare le istanze dei manifestanti.

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    • Nuovi investimenti Eni, ma chiudono i siti di Brindisi, Priolo e Ragusa
    • Preoccupazioni per i possibili impatti. Sindacati richiedono garanzie

    Nuovi investimenti Eni, ma chiudono i siti di Brindisi, Priolo e Ragusa

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    Gli stabilimenti di Priolo (credits: eni.com)

    Con un investimento programmato di 2 miliardi di euro in cinque anni e un abbattimento delle emissioni di circa 1 milione di tonnellate di CO₂ – pari a quasi il 40% di quelle rilasciate da Versalis in Italia – Eni ha presentato a Roma, lo scorso 25 ottobre, il suo piano di trasformazione e rilancio. Il progetto include la realizzazione di nuovi siti industriali per favorire il processo di decarbonizzazione, nell’ambito della chimica sostenibile, la bioraffinazione e l’accumulo di energia. Inoltre, è previsto lo sviluppo di tecnologie basate su fonti rinnovabili, agevolando l’economia circolare e la produzione di prodotti specializzati.

    L’obiettivo è ridurre la dipendenza dalle materie prime, che ha causato ingenti perdite economiche quantificate in approssimativamente 7 miliardi di euro negli ultimi 15 anni (di cui 3 nel recente quinquennio), e superare la crisi in cui versa questo comparto a livello europeo. Una transizione che potrebbe garantire un saldo di posti di lavoro positivo al termine del ciclo. Tuttavia, tale ammodernamento comporterebbe la cessazione delle attività degli impianti di cracking a Brindisi e Priolo, e di quelli di fabbricazione di polietilene a Ragusa.

    Preoccupazioni per i possibili impatti. Sindacati richiedono garanzie

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    AVS in corteo (credits: Sinistra Italiana-Sicilia)

    A evidenziare dubbi sulla validità del piano sono alcuni rappresentanti dei lavoratori, i quali temono pesanti conseguenze a cascata dallo stop deliberato da Eni. Per questa ragione, il colosso energetico viene sollecitato a effettuare investimenti che risanino l’area, riqualificandola in chiave ecocompatibile. Ciò che si vuole evitare è arrivare alla prospettiva di una dismissione totale delle infrastrutture. A tal proposito, oltre all’attuazione di una concreta politica industriale, gli esponenti sindacali avanzano la richiesta di un intervento da parte dello Stato, di cui Eni è partecipata al 30%, e di un incontro chiarificatore a Palazzo Chigi.

    Le opposizioni e i sindacati sollevano preoccupazioni per l’inazione sia del governo regionale che dell’esecutivo di Giorgia Meloni rispetto a questa problematica. Secondo le parti sociali, la questione andrebbe affrontata con misure mirate a un percorso di rigenerazione territoriale e di riconversione degli asset industriali. In uno scenario in cui l’emergenza climatica impone di ripensare gli investimenti nell’ottica di un green deal globale, si chiede un cambio di paradigma. Anche perché si ritiene necessario scongiurare nuovi casi di fermi che abbiano gravi ricadute sull’occupazione. La salvaguardia dell’ambiente e il diritto al lavoro meritano l’attenzione tanto da parte delle istituzioni locali e nazionali quanto dal settore produttivo.

    (fonte: comunicato stampa)

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    Andrea Di Geronimo

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