Palermo – La memoria è più forte della retorica. Oggi, 19 luglio 2025, Palermo rende omaggio a Paolo Borsellino e ai cinque agenti della sua scorta – Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, e Claudio Traina – brutalmente assassinati dal tritolo mafioso 33 anni fa, nella strage di via D’Amelio. Unico superstite di quell’inferno, l’agente Antonino Vullo. Nella notte appena trascorsa, una veglia degli Scout ha restituito vita a una piazza che nel 1992 fu teatro di morte e che oggi pulsa come cuore di attività e istanze cittadine.
Le stragi di Capaci e via D’Amelio, separate da soli 57 giorni, continuano a rappresentare una ferita aperta nella storia d’Italia. Trentatré anni dopo, la ricerca di una verità piena e inequivocabile è ancora oggetto di processi e nuove indagini, tra condanne, assoluzioni, prescrizioni e clamorosi spunti investigativi che evocano “mani esterne”, “piste nere” e “logge massoniche”. Tutti elementi che contribuiscono a tenere aperto il conto con la giustizia.
La Procura di Caltanissetta è in prima linea, con nuovi fronti aperti e iscrizioni nel registro degli indagati di poliziotti e magistrati storici. Le indagini hanno portato a perquisizioni nelle abitazioni del defunto procuratore Gianni Tinebra, alla ricerca della famosa “Agenda Rossa” di Borsellino, e al recente ritrovamento, dopo oltre 30 anni, dei “brogliacci” legati al filone “Mafia-Appalti”.
Il Procuratore Nazionale Antimafia, Giovanni Melillo, presente a Palermo per un convegno sulla criminalità organizzata transnazionale, ha assicurato che la Procura di Caltanissetta “sta lavorando con il sostegno e il supporto della Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo”. Melillo ha ribadito l’esistenza di un “debito di verità” non solo verso la famiglia Borsellino, ma verso l’intero Paese.
Manfredi Borsellino, figlio del giudice, ha espresso il suo dolore e la sua rabbia, affermando che suo padre “voleva vincere questa guerra, ma gli è stato impedito da troppe persone vicine a lui, al suo ambito lavorativo”. Ha poi aggiunto: “Siamo ancora alla ricerca di questo ‘amico’ che lo ha tradito, di coloro che lo hanno fatto, che gli erano vicini e lo hanno lasciato solo, non soltanto tra le istituzioni, ma in quel mondo professionale, lavorativo, giudiziario che lo circondava e che doveva blindarlo, proteggerlo, salvaguardarlo”.
Gli attentati contro Giovanni Falcone e Paolo Borsellino si consumarono in un contesto di “incapacità e complicità” che, come certificato dalle sentenze, va ben oltre il livello della mafia, in un quadro di “colossale depistaggio”. Pochi sforzi furono fatti per proteggere Paolo Borsellino, magistrato di lunga data, procuratore aggiunto a Palermo dopo aver diretto la Procura di Marsala.
Quel 19 luglio di 33 anni fa, dopo un pranzo in famiglia, Paolo Borsellino si recò con la sua scorta in via D’Amelio, dove vivevano la madre e la sorella. Alle 16:58, una Fiat 126 parcheggiata nei pressi dell’abitazione, imbottita con circa cento chili di tritolo, esplose al passaggio del giudice, uccidendo lui e i cinque agenti. L’esplosione venne avvertita in gran parte della città.
Il presidente della Corte d’Appello di Palermo, Matteo Frasca, ha ribadito: “Non ci rassegniamo a non conoscere tutta la verità sulle stragi e questo impegno deve coinvolgere tutte le forze sane di questo Paese. Lo dobbiamo alle vittime e ai loro familiari, e lo dobbiamo alla nostra democrazia altrimenti destinata a rimanere incompiuta”.
Anche il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi è a Palermo per partecipare alle commemorazioni. “Rendiamo onore a servitori dello Stato – ha dichiarato il titolare del Viminale – che non hanno mai indietreggiato nella lotta alla criminalità organizzata, fino all’estremo sacrificio. Il loro ricordo continua a essere ispirazione e monito per le nuove generazioni. Il loro impegno per la legalità, la giustizia e il bene comune ci guida nella battaglia contro ogni forma di violenza e prevaricazione”.
La giornata del 19 luglio è un monito costante: la ricerca della verità è un dovere che non conosce scadenza, per le vittime, per i loro familiari e per la democrazia italiana.