Negato lo stato di emergenza nazionale in Sicilia dopo gli incendi della scorsa estate che causarono la morte di 6 persone e danni per circa 150 milioni. La decisione che dipende dal ministro Nello Musumeci ha fatto scaldare gli animi tra il governo nazionale e regionale. Ad esprimere dissenso contro il ministro siciliano è stato Salvatore Cocina, capo della protezione civile siciliana. “Non condividiamo – afferma Cocina – e troviamo ingiustificato il rigetto della richiesta dello stato di emergenza per gli incendi che dal 23 luglio hanno colpito la nostra Isola”.

Con una nota a firma del capo della Protezione civile nazionale, Fabrizio Curcio, infatti, viene sottolineato come “pur comprendendo il disagio determinatosi in conseguenza degli eventi, gli stessi dovranno essere fronteggiati nell’ambito dei poteri e delle competenze attribuiti dalla normativa vigente alle Amministrazioni e agli Enti ordinariamente preposti”.

Secondo Curcio “sulla base della documentazione fornita e degli esiti dei sopralluoghi tecnici, pur riscontrando numerose situazioni di disagio, prevalentemente temporanee, e di puntuali danneggiamenti, si è valutato che gli eventi non siano tali da giustificare l’adozione di misure che trascendono le capacità operative e finanziarie degli enti competenti in via ordinaria”.

La replica di Cocina è netta: “Il rigetto oggi, a gennaio, appare peraltro intempestivo in quanto la prima richiesta della Regione è del 28 luglio, il giorno dopo la fine degli incendi, poi da noi integrata il 31 agosto e il 4 ottobre con le ordinanze e i provvedimenti di sgombero dei comuni. Sono passati ben tre mesi dopo la nostra ultima nota. Nel merito – osserva ancora -, la Protezione civile nazionale rileva, fra l’altro, a dimostrare che non si tratterebbe di emergenza di livello nazionale, che non c’è stata attivazione del volontariato fuori regione, ma ciò non appare rispondente alla realtà in quanto, già in primavera, avevamo chiesto a fini precauzionali, l’intervento dei volontari di altre regioni”.

Inoltre, spiega ancora il capo della Protezione civile regionale, “abbiamo avuto in Sicilia l’apporto di solo due Regioni in quanto le altre erano impegnate per l’alluvione in Emilia Romagna”. Per questo “riteniamo ingiusto motivare il rigetto della nostra richiesta di emergenza nazionale con la mancanza formale di un numero sufficiente di ordinanze di evacuazione che pur abbiamo richiesto ai comuni. Nel 2021, con analogo scenario di danni, non fu chiesta e prodotta tutta questa documentazione e l’emergenza fu dichiarata dal Consiglio dei ministri. Certo, fu dichiarata insieme con altre regioni del Sud mentre in questo frangente l’emergenza ha colpito pesantemente solo la Sicilia”. Cocina ribadisce quindi che “contesteremo tecnicamente questa valutazione e chiederemo che essa venga rivalutata, nella convinzione che ci debbano sempre essere un leale confronto e una sostanziale e non solo formale collaborazione fra le istituzioni a tutela dei cittadini”. Quindi confida che “con la Protezione civile nazionale troveremo soluzione, fermo restando che la Regione ha fatto e farà la sua parte per i contributi economici ai cittadini danneggiati”.

Il presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, critica aspramente la mancata dichiarazione di stato di emergenza: “Uno Stato che nega ai cittadini il risarcimento di un danno di pubblico dominio, subito per colpe o eventi altrui, e lo fa sulla base di cavilli procedurali non applicati prima, non è lo Stato in cui mi riconosco. Uno Stato che viene meno al principio della leale collaborazione dei suoi vari livelli, così come previsto dall’articolo 120 della Costituzione, non è lo Stato in cui mi riconosco”.

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