Tra le caratteristiche che rendono unico lo sport, una è indubbiamente la sua straordinaria forza di aggregazione, che abbatte ogni barriera e origina quel fenomeno trasversale chiamato tifo. Derivato dal greco antico typhos (τύφος), che significa “calore”, “fumo”, ma anche “delirio” o “eccitazione”, il termine ha assunto nel linguaggio comune una connotazione riconducibile alla passione di chiunque segua con entusiasmo le imprese della propria squadra o del proprio atleta del cuore. Un trasporto che, quando diventa incontrollabile e impetuoso, può offuscare il raziocinio del tifoso, spingendolo a compiere gesti clamorosi. Nel bene e nel male, come testimoniano due emblematici episodi verificatisi lo scorso weekend al di là dello Stretto, ma con protagonisti siciliani.

Dalla Sicilia a Pompei: mille chilometri di amore puro

Peppe, un amore incondizionato (credits: Nuova Igea Virtus)

Un esempio di ciò che lo sport può ispirare e, soprattutto, di quale dovrebbe essere la sua autentica essenza si trova nel gesto di un aficionado della Nuova Igea Virtus, rappresentativa di Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, che milita in Serie D. Peppe, questo il suo nome, tra andata e ritorno, ha percorso la bellezza di mille chilometri per raggiungere lo stadio Vincenzo Bellucci di Pompei e incitare i suoi beniamini, impegnati contro la selezione locale nella dodicesima giornata di campionato. Niente di eccezionale, se non fosse che sia stato l’unico spettatore presente nel settore ospite. Si può quindi intuire che il lungo viaggio, l’impavido sostenitore giallorosso, lo abbia fatto in solitaria.

E così è stato, peraltro in auto. A confermarlo è stata la società igeana con un post pubblicato domenica sera sui canali social del club, in cui Peppe viene esaltato e ringraziato. Nel messaggio si lascia intendere pure come sia avvezzo a tali “follie”. Una manifestazione di appartenenza che riflette una delle massime espressioni di attaccamento ai colori della città di provenienza, vissuto con un connubio genuino di amore e goliardia. L’esito senza reti dell’incontro ha negato a Peppe la gioia di esultare per un gol. Eppure, poco importa: a volte quello che davvero conta è esserci, anche solamente per offrire il proprio appoggio morale.

Violenza e accuse di razzismo, il lato oscuro dello sport

Idiaru in azione (credits: Basket School Messina)

Tuttavia, una pagina sportiva può essere macchiata da vicende riprovevoli anziché scritta con azioni positive. A dimostrarlo è stato il post-partita del derby cestistico di Serie B Interregionale tra R.ED.EL. Reggio Calabria e Basket School Messina. Al termine dell’avvincente scontro al vertice, valido per il nono turno di campionato e vinto 82-74 dai padroni di casa, il numeroso pubblico intervenuto sugli spalti del PalaCalafiore di Reggio Calabria ha dovuto assistere a uno spettacolo indecoroso e indegno. Non solo per la pallacanestro, ma per qualunque altra disciplina. Nei minuti successivi alla sirena finale, infatti, durante i saluti di rito fra i giocatori, sul parquet del palazzetto reggino si è innescato un parapiglia tra atleti e membri degli staff.

Da quanto emerso, la rissa si sarebbe protratta nel tunnel che conduce agli spogliatoi. Nel sottopassaggio sarebbe poi degenerata in un’aggressione subita dal peloritano Joseph Miaffo, colpito violentemente alla testa. Il fattore scatenante sarebbe stato un pesante insulto a sfondo razziale rivolto a Efe Idiaru, guardia padovana inserita nel roster neroarancio lo scorso luglio, come lui stesso ha denunciato in conferenza stampa, scusandosi per la reazione nervosa che lo avrebbe accecato. Qualche ora dopo la conclusione del match, tramite un comunicato ufficiale, la Basket School Messina ha smentito fermamente che un suo tesserato possa essere tacciato di razzismo, condannando con altrettanta autorevolezza tutte le forme di discriminazione.

Rispetto e condivisione: riportare lo sport alla sua natura inclusiva

Al netto delle singole responsabilità, che saranno giudicate nelle sedi opportune, quanto avvenuto dopo la gara di basket rimane inaccettabile. Non è assolutamente pensabile che, ancora oggi, il mondo dello sport, al pari della vita di qualsiasi comunità, debba essere contaminato da atteggiamenti indifendibili, capaci soltanto di minarne la missione inclusiva. Ma l’intolleranza sembra avere radici troppo profonde per essere facilmente estirpata. Ciononostante, è fondamentale continuare a chiedere di non voltare più lo sguardo altrove. Lo spirito di condivisione che nasce su un campo di gioco o intorno a una palla, animato dal rispetto reciproco, deve essere lo stimolo per arrivare a raccontare, un domani, solo storie di tanti nuovi Peppe.

(fonte: comunicato stampa)

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